Photo: Matteo Copiz
All’inaugurazione della mostra WEB EYEWEAR-Framing Light, nel Salone dei Tessuti di Milano, Marcolin ha voluto riunire alcuni tra i più autorevoli esperti di immagine, comunicazione e moda per parlare di valori e identità. A condurre le danze, il brand strategist Andrea Batilla.
«Partecipo volentieri a questa serata perché siamo all’interno di un progetto in cui ci sono molto pensiero e molta creatività» ha esordito Andrea Batilla, sul palco per incontrare i cinque fotografi in mostra (Stefano Guindani, Camilla Ferrari, Giulia Mantovani, Niccolò Parsenziani e Gaia Bonanomi), lo scrittore pubblicitario, direttore creativo e fondatore dell’Osservatorio Civic Brands Paolo Iabichino e Lara Marogna, Group Style & Product Development Director di Marcolin. È proprio quest’ultima a spiegare in che modo Framing Light arrivi al termine di un processo di smaterializzazione del brand WEB EYEWEAR, con una storia iniziata negli anni Trenta. «Per cominciare, ci siamo concentrati sul cliente, chiedendoci quale fossero la sua personalità, i suoi interessi, le sue abitudini. Poi, dopo questa indagine introspettiva, siamo arrivati alla sintesi dei tre valori illustrati in mostra da questi cinque fotografi italiani: gusto, trasparenza e quiet luxury».
È sulla trasparenza che, in particolare, ci si è soffermati nel corso del talk. Merito della sua doppia valenza perché può riferirsi al materiale come alla virtù. «Per tradurne il valore nella concretezza di una montatura abbiamo realizzato una collezione che gioca su un effetto di trasparenza un po’ nascosto, da cogliere nell’attimo, proprio come fa un fotografo in attesa della luce giusta per scattare» ha spiegato Lara Marogna. Ed è proprio sul valore che ha oggi la fotografia che Paolo Iabichino ha ripreso il discorso. «Ho sempre considerato la fotografia, anche quella pubblicitaria, un fatto artistico. E credo che oggi abbia ancora valore solo se liberata dalle “grinfie” della pubblicità, se rispettata nei suoi codici semantici, come è avvenuto per un progetto come quello di questa mostra».
«Occorre dire che, su queste tematiche, la moda fa scuola da tempo, grazie al suo impegno nella produzione di contenuti, di progetti culturali che cerchino di colmare il deficit dell’attenzione causato da Internet» conclude Paolo Iabichino. E se per fortuna oggi l’influencer con in mano un prodotto non funziona più, come catturare l’interesse del pubblico? «Essere un brand che entra e risuona con la vita delle persone, che viene scelto, non comprato. Solo così un occhiale può essere scelto: perché indossarlo equivale a dire al mondo qualcosa di te».